
Sta volgendo al termine la mostra Dady Orsi tra Brera e Corrente (1937 – 1947) in esposizione presso Fondazione Corrente dal 15 marzo scorso. Le opere rimarranno disponibili al pubblico nell’orario di apertura (dal martedì al giovedì 9-12.30 e 15-18.30) fino al 12 maggio, mentre la chiusura simbolica della mostra è prevista per il giorno 10 maggio alle ore 18 con un incontro a più voci, attraverso il quale verranno ripercorse la ricerca artistica e la varietà di tecniche sperimentate da Dady Orsi.

L’appuntamento, che vedrà la presenza di Deianira Amico, Cesare Facchetti, Kevion McManus, Robert Carlos Philips e Stefano Pizzi, si colloca in continuità con quello tenutosi in occasione dell’apertura della mostra. Introducendo l’opera e il profilo di un artista ancora poco conosciuto, i curatori stessi hanno presentato al pubblico quello che Chiara Gatti ha definito “il capitolo numero uno” di una narrazione volta a riscoprire e valorizzare il contributo di Dady Orsi alla cultura e all’arte nel nostro Paese. Proprio la fase degli esordi, secondo la curatrice, è ” molto significativa perché assorbe tutto il suo portato, la sua formazione, gli incontri che hanno lo hanno segnato nella costruzione, poi, di un linguaggio autonomo e personale”. Il percorso di Dady Orsi si svilupperà nei decenni successivi attraverso la sperimentazione di un’ampia gamma di tecniche e di approcci al visibile. La mostra testimonia quindi i primi anni di questa vicenda artistica, facendo emergere un portato estetico/culturale intriso di una visione etica ben precisa.

Il percorso ideato dai curatori sottolinea come Orsi fosse coinvolto nelle iniziative e negli spazi di Corrente. Soprattutto ne circoscrive i luoghi della formazione e gli incontri: l’Accademia di Brera, il gruppo e la Bottega di Corrente, il gruppo teatrale Palcoscenico. Rinforzando questo legame tra arte e storia Cesare Facchetti illustra la divisione delle opere in mostra tra uno spazio documentario, al primo piano, e uno spazio dedicato all’arte pura, al piano inferiore.

Nel primo si trovano i disegni che raccontano la guerra e i suoi orrori, ma anche la sua banalità e la sua uggia disumanizzante (chiaramente percepibile nei disegni della Scuola Allievi Ufficiali di Salerno), i documenti contraffatti usati dall’artista durante la sua clandestinità (Orsi aveva rifiutato di aderire all’esercito della Repubblica di Salò), alcune scenografie eseguite per il gruppo Palcoscenico a Milano, e i bozzetti per la decorazione della cappella di Chexbres, in Svizzera, dove Orsi era rifugiato con Amintore Fanfani, promotore di quella decorazione religiosa.



Al piano inferiore sono esposte invece tele e disegni che testimoniano gli affetti dell’artista: luoghi, volti, animali e oggetti da lui amati e caratterizzanti la sua quotidianità di quegli anni.



Proprio sulla scorta di questi interventi di arte nella storia il prof. Stefano Pizzi ha definito Orsi come un intellettuale che, sebbene non si fosse imposto come un protagonista della scena artistica, è nondimeno da considerare “protagonista della storia intellettuale e sociale della città” di Milano e, più in generale italiana. Sia Chiara Gatti che Stefano Pizzi hanno espresso con convinzione la necessità di un recupero critico dell’artista, la cui originalità si esprime, nelle opere di questo periodo, attraverso un peculiare disegno tagliente: un’asprezza di forme e colori che mette in evidenza la riflessione di Orsi sulla Nuova Oggettività tedesca e quasi un presentimento del Neorealismo italiano.

La testimonianza di Cosma Orsi, presidente dell’Associazione Dady Orsi e figlio dell’artista, ha condiviso il ricordo del padre come un uomo infaticabile, dalla creatività sempre accesa e “con la matita sempre mano”, ma anche con la mente presente allo spirito del proprio tempo.

Profilo di un artista del Novecento che vi invitiamo ad approfondire, a breve, nell’incontro pubblico del 10 maggio, ore 18 presso Fondazione Corrente, via Carlo Porta 5, Milano.
